Dalla documentazione agli atti e dai riferimenti anamnestici si rileva che il signor xxx è affetto da carcinoma uroteliale papillifero della vescica.
A seguito di apposita richiesta, avanzata dal periziando in data 26/6/2013 per il riconoscimento della natura professionale della patologia oncologica a carico delle vie urinarie, l’INAIL, in data 20/11/2013, rigettava la richiesta per assenza del nesso causale.
Il ricorrente, ritenendo ingiusto il provvedimento, proponeva, in data 7/4/2014, opposizione, richiedendo riconoscimento della richiesta con postumi da riconoscersi nella misura del 35%, richiesta che l’INAIL rigettava con provvedimento del 16/5/2014.
Avverso tale provvedimento si giungeva all’attuale CTU.
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DOCUMENTAZIONE SANITARIA AGLI ATTI
- Copia di curriculum professionale del periziando;
- Copia di cartella clinica relativa a ricovero dal 13/9/2007 al 20/9/2007
- Copia di cartella clinica relativa a ricovero del 20/1/2011 e 27/1/2011 diagnosi di “K vescicale”.
- Copia di esame istologico Servizio di Anatomia Patologica, Seconda Università degli Studi di Napoli, ASL NA1, con diagnosi di “…..carcinoma uroteliale papillare a basso potenziale di malignità, non infiltrante il corion”.
- Copia di esame istologico , Servizio di Anatomia Patologica, Seconda Università degli Studi di Napoli, ASL NA1, con diagnosi di “…..neoplasia uroteliale papillare a basso potenziale di malignità”.
- Copia di ricorso contro INAIL dell’avvocato Francesco Gentile.
ESAME OBIETTIVO GENERALE
Soggetto di sesso maschile, , in condizioni generali buone. Cute e mucose visibili rosee. Facies composita. Sistema pilifero normo-distribuito. Stazioni linfoghiandolari di superficie indenni.
– TESTA E COLLO: normoconservati i rapporti tra neurocranio e splancnocranio. Lingua umida, in asse, mucose rosee, collo di forma cilindrica. Alla regione anteriore del collo non si apprezzano tumefazioni da riferirsi ad aumento di volume della tiroide. La digitopressione sui punti di proiezione dei seni frontali e mascellari non evoca dolore.
– TORACE ED APPARATO RESPIRATORIO. Torace di forma tronco-conica, mobile con gli atti del respiro; SCP su tutto l’ambito, in assenza di rumori patologici. Basi polmonari normoespansibili.
– APPARATO CARDIOVASCOLARE. Aia cardiaca nei limiti. Itto puntale non visibile e non palpabile. Assenza di soffi e di rumori di significato patologico.
P.A mmHg 120/80, F.C. 80 b.p.m.. L’arteria radiale si apprezza alla palpazione ad ambedue i lati; l’arteria pedidia e la tibiale posteriore di ambedue gli arti inferiori sono normopulsanti.
– APPARATO DIGERENTE. Addome trattabile su tutto l’ambito. Cicatrice ombelicale normointroflessa. Organi ipocondriaci nei limiti.
CONSIDERAZIONI MEDICO-LEGALI E CONCLUSIONI
Sulla base dello studio della documentazione sanitaria agli atti, dell’indagine anamnestica e dell’esame obiettivo, si può affermare che il signor risulta operato di TURB per un carcinoma uroteliale papillifero della vescica. La problematica medico legale è relativa all’accertamento del nesso di causalità tra l’attività lavorativa specifica del periziando e la patologia oncologica in anamnesi, ovvero della sua natura professionale.
Come risulta dagli atti, il de cuius ha svolto attività di coordinatore tecnico collaudi di materiali rotabili , alle dipendenze di Trenitalia S.p.A. (ex Ferrovie dello Stato). In particolare, tale attività si è svolta presso impianti produttivi quali NOMEF di Trepuzzi (LE), Officina Locomotive FS di Pietrarsa di Napoli, FIREMA di Caserta (ex OMC), Ansaldo di Napoli, SOFER di Pozzuoli, FIREMA Tito ex MML Metalmeccanica Lucana, FIREMA di Caserta ex Officine Casertane, FIREMA di Caserta, come si evince dal curriculum professionale agli atti.
Al riguardo, è da notare che, durante l’espletamento della propria mansione, ovvero l’attività di ispezione e collaudo di materiali rotabili, il p. era esposto a sostanze inquinanti quali ossido di carbonio, minio di piombo, petrolio e derivati, utilizzati come antiruggine, vernici per la manutenzione e riparazione di carri ferroviari, idrocarburi policiclici aromatici, in particolare la trielina, utilizzata per la bonifica e disinfestazione dei luoghi e dei materiali, benzene, toluene e xilene, utilizzate nelle fasi di verniciatura, infine ad amianto, utilizzato per la coibentazione.
Analizzando in dettaglio l’attività svolta dal periziando, si può evincere che lo stesso sia stato esposto in particolar modo ad amianto nei periodi lavorativi relativi alla permanenza presso la Officina Locomotive di Pietrarsa, dal 1/3/1971 al 13/5/1973, presso la SOFER di Pozzuoli nei periodi da 1/1/1982 al 9/11/1987, dal 6/6/1988 al 8/1/1991, dal 4/5/1992 al 2/5/1993, dal 6/6/1994 al 4/12/1994, dal 3/5/1995 al 8/10/1995, da 1/1/1996 al 12/1/1997, dal 24/4/1997 al 31/12/1997, per un periodo complessivo di 13 anni, come si evince dalla scheda di utilizzazione lavorativa di Trenitalia S.p.A del 18/10/2004.
Nel caso di specie si deve analizzare la capacità delle esposizioni a tali sostanze, (in particolare idrocarburi policiclici aromatici, solventi, oli minerali e amianto) in merito al rapporto tra l’esposizione a tali sostanze a causare o concausare in via prevalente ed adeguata l’insorgenza della patologia tumorale sviluppatasi nel soggetto.
E’ opportuno esporre alcuni brevi cenni in merito alle proprietà chimiche di tali sostanze.
Gli idrocarburi sono molecole binarie, costituite da carbonio ed idrogeno, classificabili in:
1. idrocarburi alifatici saturi, alcani, o paraffine: sono composti derivanti dal petrolio. Molti di questi composti sono presenti nei gas naturali terrestri e negli oli grezzi e sono rinvenibili in discrete quantità nei gas di scarico delle auto. Vengono usati soprattutto come combustibili, solventi ed oli lubrificanti. Le principali miscele contenenti idrocarburi alifatici sono: etere di petrolio, gas (metano, etano, propano, butano ecc), benzina, gasolio, nafta, kerosene, combustibili per motori a reazione, oli lubrificanti, paraffine, catrame e vaselina.
2. idrocarburi alifatici insaturi “alcheni o olefine”: tra questi ritroviamo: l’isoprene e le olefine. I composti più importanti di quest’ultima categoria sono l’etilene, il propinele e il butilene.
3. idrocarburi aromatici: le sostanze chimiche appartenenti a questo gruppo contengono nella loro molecola uno o più gruppi benzenici. I composti principali (benzene, toluene, xilene, etilbenzene, stirene e cumene) trovano largo impiego come materie prime, prodotti intermedi nei processi di sintesi industriali e come solventi.
Gli effetti tossici degli idrocarburi aromatici sono:
acuti: dopo inalazione dei vapori producono segni a carico del SNC.
cronici: il benzene è in grado di determinare danni del midollo osseo (aplasia del midollo, riduzione del numero di piastrine, dei globuli bianchi e degli eritrociti). In uno stadio più avanzato possono comparire anemia o policitemia, leucopenia o leucocitosi e leucemia.
Gli oli minerali non raffinati sono fondamentalmente prodotti della distillazione del catrame. Il loro potere cancerogeno è legato al contenuto di diversi IPA (idrocarburi aromatici policiclici) cancerogeni ed alcuni idrocarburi alifatici. Le patologie tumorali di cui sono responsabili hanno come principale organo bersaglio la cute.
Con il termine di asbesto o amianto vengono indicati dei silicati a diversa composizione chimica, microcristallini a conformazione fibrosa, oggi ritenuti i principali responsabili dell’asbestosi.
L’asbestosi è una fibrosi interstiziale diffusa causata dall’inalazione e dall’accumulo di fibre di asbesto nel polmone; le stesse possono causare quadri di fibrosi e calcificazioni pleuriche, neoplasie del polmone, della pleura e del peritoneo.
Le principali patologie da amianto comprendono: pleuropatie:placche parietali, ispessimenti diffusi viscerali, versamenti recidivanti, atelettasie rotonde. pneumopatie: alveolite, fibrosi interstiziale diffusa (asbestosi) neoplasie: carcinoma polmonare, mesotelioma (pleurico, peritoneale). Tali patologie, asbesto correlate, sono inserite nella lista di patologie che l’INAIL riconosce con elevata probabilità correlate all’esposizione a fibre di asbesto (lista I). Vi sono altre neoplasie potenzialemte correlate all’esposizione all’amianto, quelle inserite nella lista II, ovvero nei casi di malattia che l’INAIL stima di limitata probabilità in termini di correlazione con l’amianto, nelle quali rientrano il tumore della faringe, dello stomaco e del colon retto e infine la lista III, nella quale rientra il solo cancro dell’esofago.
Il tumore della vescica, di cui è stato operato il p. non rientra pertanto nelle tabelle INAIL relative alle patologie considerate correlate con elevata probabilità all’esposizione all’amianto. In tal senso è utile ricordare alcune sentenze della Corte Costituzionale. Infatti, per le patologie che non figurano nelle tabelle INAIL, comunque cagionate da agenti patogeni nell’ambiente lavorativo, come per il caso dell’amianto, l’intervento della Corte Costituzionale, prima con la sentenza n. 179 del 18.02.88 e poi con la Sentenza n. 206 del 25.02.88, ha determinato il definito superamento del sistema delle tabelle, e ha sancito, con il sistema misto, l’indennizzabilità ‘anche per le malattie per le quali sia comunque provata la causa di lavoro (Corte Costituzionale, Sentenze n. 179 del 18.02.88, e n. 206 del 25.02.88).
E’ inoltre possibile affermare la presunzione legale di origine professionale della malattia soltanto nel caso in cui sussista una implicita inclusione nelle tabelle, e/o identità di connotati essenziali, e/o piena somiglianza con la fattispecie inclusa nella lista (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza n. 1919 del 09.03.90). In tal caso “il Giudice può fare una applicazione estensiva di tali previsioni in caso di infermità del tutto identica a quella cagionata o derivata da una lavorazione tabellata (vedi Corte Costituzionale n. 179 del 1988)”. In caso di insorgenza di patologie diverse da quelle indicate nelle tabelle e comunque causate e/o concausate dall’esposizione a polveri e fibre di amianto, il lavoratore ha diritto ad ottenere il riconoscimento delle prestazioni previdenziali erogate dall’Inail purchè renda la prova del nesso di causalità.
Al riguardo è da ricordare che in letteratura esistono alcune evidenze di presenza di fibre di asbesto nei tumori dell’urotelio, anche se si tratta di lavori retrospettivi che non consentono di accertare con ragionevole certezza il nesso causale tra l’esposizione e/o la presenza di asbesto e lo sviluppo di una neoplasia maligna dell’epitelio vescicale (Bianchi et al., 2007; Graziano et al., 2009; Manzini et al., 2010; Pavone et al., 2012, L.Pollice e al.1995) ma che al contempo non permettono in modo assoluto di escludere tale potenziale correlazione. Pertanto, l’amianto, riconosciuto come sicuro agente cancerogeno sull’uomo, non si esclude possa essere agente eziopatogenetico concausale allo sviluppo di neoplasie a carico delle vie urinarie.
Il cancro della vescica rappresenta senza dubbio una delle più frequenti patologie neoplastiche ed è la più importante patologia urologica a genesi professionale. Nella maggior parte dei casi la causa del cancro vescicale non è chiara e ciò è tra l’altro dovuto al tempo di latenza di decine di anni tra l’effetto di un agente e la manifestazione della malattia. Dal punto di vista della medicina del lavoro è rilevante soprattutto l’esposizione alle amine aromatiche (sinonimo di arilamine) e agli idrocarburi policiclici aromatici (PAH o IPA), raramente a derivati di oli fossili o arsenico, tutti potenziali sostanze ad azione cancerogena a carico dell’epitelio uroteliale. Per molti anni, i prodotti di combustione sono stati sospettati come agenti cancerogeni responsabili del cancro della vescica. Studi di coorte evidenziano un aumento di rischio del tumore della vescica nella produzione di gas, nell’industria dell’alluminio e negli esposti ai prodotti esausti dei motori. Tutte queste professioni hanno in comune l’esposizione ad idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e, in certi casi, ai loro nitroderivati, come i composti “diesel exhaust”, riconosciuti dalla IARC come “probabili carcerogeni per l’uomo” (Group 2A) (63). Una categoria lavorativa ad alto rischio di esposizione a “diesel exhaust” è rappresentata dagli autisti di camion e dai macchinisti di treni. In generale, i dati ambientali permettono di distinguere un livello alto, medio e basso di esposizione ai prodotti di combustione:
- alto livello di esposizione professionale ai prodotti di combustione è stato documentato per gli addetti ai forni di cokeria e tra i lavoratori negli impianti di produzione dell’alluminio (addetti siviera).
- livelli medi di esposizione professionale, cioè concentrazioni inferiori rispetto a quanto misurato nel settore siderurgico, è stata evidenziata tra gli addetti all’impermeabilizzazione e catramazione dei tetti (“roofers”), gli asfaltatori, etc..
- concentrazioni più basse rispetto ai settori precedentemente analizzati sono state evidenziate nel settore dei trasporti (autisti di camion, di auto, di treni etc.), tra i meccanici, gli edili etc.
Come viene evidenziato in una recente review (Pronk A, 2009), utilizzando la concentrazione di carbonio elementare (EC) quale marker di esposizione a “diesel exhaust”, i valori ottenuti da 10.001 campionamenti personali ottenuti da 32% di esposizioni “on-road” e da 68% esposizioni “off-road”, sono generalmente <25 microg/mc, cioè di livello basso per autisti, equipaggio dei treni, etc. rispetto sia ai valori intermedi (EC<50 microg/mc) misurati nei meccanici, nei pompieri, etc. sia ai valori di esposizione alti (EC=27-658 microg/mc) ottenuti tra i minatori e gli addetti alle costruzioni. Anche nel settore dei trasporti ferroviari, in Canada, la concentrazione di “diesel exhaust”, espressa come carbonio elementare, risulta più bassa rispetto a quella del settore estrattivo. Analoghi risultati sono stati ottenuti anche in Finlandia, dove sono state valutate le esposizioni a “diesel exhaust” (indicato dal diossido di azoto, NO2) e a “gasoline engine exhaust” (classificato dalla IARC “possibile cancerogeno per l’uomo”, Gruppo 2B) di 23 e 17 professioni rispettivamente (tra queste anche autisti, meccanici, asfaltatori, etc.) utilizzando una matrice lavoro-esposizione. Uno dei più ampi studi sulla misurazione dell’esposizione di autisti di camion (sia autisti per brevi sia per lunghi tragitti ) a “diesel exhaust” è stato effettuato negli USA tra il 2001 e i 2005; tale studio evidenzia l’impatto sulle concentrazioni rilevate delle caratteristiche del veicolo e dell’abitudine al fumo degli autisti.
Mentre alcuni autori riconoscono, sulla base di studi caso-controllo, la categoria degli autisti di camion e treni come esposti a composti “diesel exhaust”, ad alto rischio di cancro della vescica, Olsen e Jensen (1987) hanno osservato un elevato rischio solo dopo più di 20 anni di esposizione, altri ancora hanno evidenziato un rischio basso di cancro della vescica per soggetti esposti a “diesel exhaust” (Baxter PJ et al, 1986; Claude J et al, 1988; Schoenberg JB et al, 1984; Silverman DT et al, 1983; Smith AH et al, 1988); infine altri ancora non hanno evidenziato alcuna associazione (Coggon D et al, 1984; Cordier S et al, 1993; Steineck G, 1990; Vineis P e Magnani C, 1985). In generale, appare ancora dubbia l’associazione tra esposizione a “diesel exhaust” e tumori vescicali. L’agente etiologico specifico responsabile del cancro della vescica nel settore dei trasporti non è stato identificato, anche se il candidato più probabile è il prodotto di scarico dei motori. I prodotti di scarico dei mortori diesel, in particolare, sono associati con un aumentato rischio di cancro della vescica.
Da quanto sopra esposto è chiaro pertanto il potenziale effetto cancerogeno a carico delle vie urinarie esercitato agli idrocarburi policilici aromatici, la cui esposizione professionale rende un lavoratore a rischio di svilupppo di un tumore delle vie urinarie.
Ritornando al caso in esame, ai fini del rischio ambientale e della conseguente indennizzabilità della malattia professionale ad esso collegata, è importante ricordare che assume rilievo l’esecuzione di un attività lavorativa che, per esigenze obiettive, debba costantemente e normalmente, anche se non quotidianamente, svolgersi in connessione ambientale con la lavorazione protetta, tale da determinare l’esposizione del lavoratore al rischio cui è esposto l’addetto di queste lavorazioni (Cass. Sez. Lav., 08.10.92, n. 10949). Nel caso in esame si può evincere dai dati agli atti che le sostanze cui il p. era esposto nella sua attività lavorativa, potenzialmente correlate con la patologia tumorale in anamnesi, erano le fibre di amianto e alcuni idrocarburi policiclici aromatici. Questi ultimi sono da considerare sostanze inquinanti a rischio cancerogeno anche per le vie urinarie mentre per l’amianto, classificata come sostanza cancerogena, il suo ruolo eziopatogenetico a carico dell’urotelio non può essere escluso, potendo anche esercitare una potenziale sinergia con le altre sostanze cancerogene presenti nell’ambiente lavorativo, come ad esempio gli idrocarburi policiclici.
Proprio nella valutazione qualitativa di tale rischio ruolo centrale è rappresentato dall’attività svolta da alcune istituzioni, in primo luogo dall’Agenzia di Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (I A R C), dalla Commissione della Comunità Europea (C E E) e dalla Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale del Centro Studi del Ministero della Salute Italiano (C C T N). Questi organismi, che operano a livello internazionale (come la IARC e la Commissione della CEE) o nazionale (come la CCTN), hanno anche il compito specifico di valutare i rischi per l’uomo e per l’ambiente derivanti dall’esposizione a sostanze chimiche ed altri agenti, classificando tali agenti secondo criteri specifici, in base ai risultati di studi epidemiologici e di studi sperimentali su animali.I principi che sottostanno ai criteri di valutazione delle varie Agenzie sono simili, come si evince dalla sottostante tabella:
IARC |
Descrizione |
Descrizione |
CCTN |
1 |
Cancerogeno per l’uomo |
Effetti cancerogeni per l’uomo |
1 |
2° |
Cancerogeno probabile |
Da considerare cancerogeno per l’uomo |
2 |
2B |
Cancerogeno possibile |
Da considerare con attenzione per i possibili effetti cancerogeni per l’uomo |
3A
3B |
3 |
Non classificabile per la cancerogenicità per l’uomo |
Sostanze non valutabili per la cancerogenicità |
4A
4B |
4 |
Probabile non cancerogeno per l’uomo |
Sostanze probabilmente non cancerogene per l’uomo |
5 |
La classificazione di cui sopra costringe gli esperti dalla IARC, nella fase di valutazione del rischio basata sul peso dell’evidenza, ad inserire agenti o misture o circostanze di esposizione in uno dei gruppi citati. Recentemente alcuni autori hanno affermato che le definizioni comprese nella classificazione della IARC si potrebbero tradurre in termini numerici, assegnando alle varie sostanze dei gradi di probabilità, che in via ipotetica potrebbero essere indicati nella tabella che segue:
Gruppo |
Probabilità di cancerogenicità |
1 |
P = 100% |
2A |
P = 75% |
2B |
P = 50% |
3 |
P = 25% |
4 |
P = 0% |
Prendendo, quindi, come riferimento le tabelle IARC sopra menzionate, l’amianto e gli idrocarburi policiclici aromatici rientrano nel I gruppo (probabilità di cancerogenicità del 100%). Gli idrocraburi aromatici policiclici sono principalmente presenti in aree produttive quali industria chimica e petrolchimica, fonderie, industrie dell’alluminio primario, le principali fonti di esposizione professionale sono rappresentate da lavorazione del carbone, distillazione del catrame, fusione del ferro e dell’acciaio, produzione dell’alluminio, bitumazione in edilizia e lavori stradali. Gli organi interessati dal rischio cancerogeno sono vie respiratorie e vie urinarie, in particolare per lo sviluppo di carcinomi polmonari e vescicali.
Da quanto precedentemente argomentato emerge che è ravvisabile una possibile correlazione causale o concausale adeguata e preponderante tra l’esposizione professionale alle sostanze o agenti fisici (idrocarburi policiclici aromatici ed amianto) a cui il sig. xxx è stato esposto nel corso dell’espletamento delle sue mansioni e il carcinoma della vescica da cui è affetto e per il quale si è sottoposto ad iniziale TURV seguita da instillazione endovescicale di antiblastici a scopo profilattico, e a successivi interventi per recidive di malattia. In altri termini il servizio espletato (coordinatore tecnico collaudi di materiali rotabili), può aver esercitato una probabile influenza sull’evoluzione del quadro morboso sviluppatosi nel p. Tale infermità è insorta, dunque, per fattori legati ad esposizione professionale ad agenti potenzialemnte cancerogeni per le vie urinarie, sede della malattia oncologica in anamensi del p.. Pertanto, sulla scorta delle suesposte considerazioni, non si può escludere che il servizio prestato dal sig xxx sia stato la causa diretta o la concausa necessaria e prevalente dell’insorgenza della malattia in argomento e pertanto del possibile nesso causale e concausale.
E’ indubbio che esista una sostanziale difficoltà per correlare l’esposizione a determinate sostanze alla diagnosi di una neoplasia di natura professionale, ciò per una serie di motivi quali:
- il lungo periodo di latenza tra esposizione e insorgenza della patologia: in genere decorrono tra i 20 e i 30 anni, quindi risulta difficile risalire alle condizioni di lavoro e alle sostanze con cui si è venuti in contatto durante la vita lavorativa;
- la difficoltà a identificare tutte le sostanze con le quali il lavoratore è venuto a contatto e a definire l’intensità dell’esposizione;
- le scarse conoscenze sulle esposizioni multiple e sulle interferenze fra le diverse sostanze;
- le possibili interazioni fra esposizioni professionali, abitudini di vita e suscettibilità individuale,
Nel caso in esame, comunque, per i motivi prima esposti, si può concludere che il sig. xxx, in seguito alla prolungata esposizione professionale a sostanze cancerogene a carico delle vie urinarie, abbia sviluppato una patologia maligna a carico dell’epitelio vescicale, patologia che configura una invalidità permanente, in base alla tabella del danno biologico permanente (D.M. del 12 Luglio 2000) sotto riportata, valutabile in misura del 30%.
Neoplasie |
Lesioni precancerose efficacemente trattate |
Fino a 5 |
Neoplasie maligne che si giovano di trattamento medico e/o chirurgico locale, radicale |
Fino a 10 |
Recidive di neoplasia maligna che si giovano di trattamento medico e/o chirurgico locale, radicale |
Fino a 16 |
Neoplasie maligne che si giovano di trattamento medico e/o chirurgico ai fini di una prognosi quoad vitam superiore a 5 anni, a seconda della persistenza e dell’entità di segni e sintomi minori di malattia, comprensivi degli effetti collaterali della terapia |
Fino a 30 |
Neoplasie maligne che non si giovano di trattamento medico e/o chirurgico ai fini di una prognosi quoad vitam superiore a 5 anni;i pazienti richiedono speciali cure ed assistenza, sono sostanzialmente abili allo svolgimento delle necessità primarie ed agli atti del vivere comune |
Fino a 60 |
Neoplasie maligne che non si giovano di trattamento medico e/o chirurgico ai fini di una prognosi quoad vitam superiore a 5 anni, il supporto terapeutico ed assistenziale è necessario e continuo, il soggetto è severamente disabile, è indicata l’ospedalizzazione |
Fino a 80 |
Neoplasie maligne con metastasi plurime diffuse e severa compromissione dello stato generale con necessità di ospedalizzazione ovvero di presidi domiciliari equivalenti, sebbene la morte non sia imminente |
> 80 |
Cachessia neoplastica |
100 |
IL C.T.U.